(#041) La musica dei Narcos
Ogni settimana, una storia dal mondo su come la musica racconta la realtà e la realtà racconta la musica.
Nel 1974, i Los Tigres del Norte - popolare gruppo musicale originario di Sinaloa, Messico - aprono il loro quarto disco ufficiale con il singolo “Contrabando y traición” (Contrabbando e tradimento). Il pezzo segue una giovane coppia di trafficanti, Emilio Varela e Camelia la Texana, mentre trasportano diversi chilogrammi di marijuana da Tijuana a Los Angeles. Dopo aver effettuato la consegna della droga e aver ricevuto in cambio il compenso concordato, Emilio comunica a Camelia l’intenzione di chiudere la loro relazione amorosa per inseguire il suo vero amore a San Francisco. Camelia reagisce sparandogli sette volte, prendendosi l’intero compenso, e proseguendo il viaggio per conto suo.
Dal racconto di “Contrabando y traición” sono successivamente stati tratti due film del regista Arturo Martinez, un romanzo di Arturo Pérez-Reverte con protagonista Camelia la Texana, un’Opera della compositrice Gabriela Ortiz e una televonela in onda per Telemundo nel 2014. Ancora oggi non si sa con certezza se Emilio Varela e Camelia la Texana sono realmente esistiti o se sono frutto della fantasia dell’autore Angel Gonzalez, ma al di là del fatto di cronaca in sé sono diventati parte integrante della cultura popolare messicana della seconda metà del Novecento, come per noi potrebbero essere Anna e Marco di Lucio Dalla o Marinella e Bocca di Rosa di Fabrizio De Andrè.
L’impatto di “Contrabando y traición”, inoltre, va oltre i protagonisti del pezzo e i successivi adattamenti; vari esperti e osservatori concordano nel dire che il singolo dei Les Tigres Del Norte è stato il primo esempio di quella che sarebbe di lì a poco divenuta una vera e propria tendenza in Messico, Colombia, Stati Uniti e non solo, i cosiddetti narcocorridos, ovvero pezzi che raccontano vicende che hanno per protagonisti i narcotrafficanti, spesso esaltandone le gesta, spesso glorificandone la violenza, a volte semplicemente descrivendo la realtà che vivono le centinaia e centinaia di persone che sono in qualche modo “coinvolte” nel traffico di droga in Messico - dai trafficanti agli agenti corrotti, dalle madri e compagne dei trafficanti ai corrieri, dai coltivatori alle prostitute, dai sicari ai giornalisti. Ovviamente, la popolarità dei narcocorridos ha generato un dibattito acceso nella società messicana che vede contrapposti quelli che ritengono che le “ballate di droga” che glorificano la violenza e l’illegalità siano uno strumento di legittimazione per bande criminali che rende più difficile la lotta al narcotraffico e che per questo motivo andrebbero censurati a quelli che pensano che silenziare la produzione o la diffusione di storie che descrivono una realtà purtroppo comune se non dominante in Messico sia un modo pericoloso di fingere che un problema reale non sia tale.
Qualche cenno storico
I cosiddetti corridos, di cui i narcocorridos sono poi divenuti il sottogenere più popolare, sono in circolazione almeno da inizio Ottocento, e sono tradizionalmente lo strumento con cui venivano raccontate e tramandate sia le gesta di personaggi leggendari della rivoluzione messicana come Pancho Villa e Emiliano Zapata che vicende comuni che coinvolgevano persone del popolo negli anni delle rivoluzioni. Dopo la rivoluzione messicana del 1910-1917 il genere è divenuto un pochino meno popolare ma non è mai morto del tutto: negli anni del proibizionismo americano, per esempio, c’erano corridos come “Los tequileros” che parlavano del traffico di alcolici verso gli Stati Uniti.
Dopo la seconda guerra mondiale, con l’incremento del consumo di droga negli Stati Uniti - in particolare, negli anni ‘50 e ‘60, della marijuana - anche i corridos si sono lentamente adattati: è probabile, anzi praticamente certo, che ci siano esempi di narcocorridos precedenti a “Contrabando y traición” anche se quest’ultimo è generalmente considerato il primo ad avere avuto una reale rilevanza storica e culturale.
Inizialmente, i narcocorridos raccontavano storie realistiche e verosimili senza però fare mai riferimento a personaggi reali per paura di ritorsioni violente. Il Messico è infatti uno dei paesi con il più alto tasso di omicidi e di morti per arma da fuoco al mondo; il cantante Francisco Quintero del Grupo Exterminador, che pure è una delle voci principali nella cultura dei narcocorridos, motiva così la scelta di non trattare mai di personaggi reali: “Non voglio avere niente a che fare con quelle persone. Quelle persone sono pericolose”. Con il tempo, però, anche narcocorridos con protagonisti personaggi reali hanno iniziato a diffondersi; uno dei pezzi più famosi dei Los Tigres Del Norte si chiama “Jefe De Jefes” ed è un riferimento piuttosto esplicito a uno dei più noti e pericolosi narcos della storia, Miguel Ángel Félix Gallardo, che si faceva chiamare appunto “Jefe De Jefes” (Capo dei capi). Nel testo viene detto “Sono il capo dei capi / mi rispettano a tutti i livelli / il mio nome e la mia fotografia non saranno mai visti sui giornali perché il giornalista mi ama / altrimenti la mia amicizia è persa”. Il video ufficiale del pezzo ha 122 milioni di visualizzazioni.
I narcocorridos sono di tutti i tipi
L’appena citata “Jefe de Jefes” ha un’introduzione piuttosto significativa: prima che cominci il cantato, si sente un dialogo tra due persone. Il primo dice “mi piacciono i corridos perché sono fatti reali”. L’altro risponde “Sì, piacciono anche a me perché cantano solamente la verità. Mettimene uno”. È indubbio che ridurre i narcocorridos a esercizio proto-giornalistico di racconto della realtà sia tanto pericoloso quanto ridurli a mera glorificazione della violenza o della droga. La verità, se di verità si può parlare per un genere che conta migliaia di esponenti e milioni di ascoltatori, è nel mezzo. Tuttavia, analizzando alcuni dei testi delle canzoni più note, è difficile non riconoscere come ci sia tantissima realtà dentro ai racconti dei narcocorridos. Realtà che ci può aiutare a capire la società che viene descritta e che riflette alla perfezione i background diversi degli artisti: alcuni sono proprio narcotrafficanti o ex-narcotrafficanti; alcuni sono loro parenti; altri semplicemente provengono dal loro contesto e quindi sanno raccontarlo; altri ancora sono vicini alle forze dell’ordine e quindi portano un punto di vista opposto. Di certo c’è che leggere i loro testi è spesso molto istruttivo. Il sociologo Luis Astorga parla dei narcocorridos come di un’espressione ideologica che i trafficanti o chi per loro esprimono in dissenso della narrazione stigmatizzata che fa di loro l’autorità. Di nuovo, forse è pericoloso legittimare pericolosi criminali parlando di “narrazione stigmatizzata” me è altrettanto vero che capirli è importante oltre che molto interessante. Quindi, in cosa consiste questa espressione ideologica?
C’è la critica all’inutilità della Guerra alla Droga iniziata da Nixon negli anni ‘70, che si basava sul fatto che la circolazione di droga negli Stati Uniti si può ridurre attaccando i trafficanti piuttosto che concentrandosi sulla domanda (una narrazione a cui forse la classe dirigente del nostro paese non è esattamente estranea)
Io continuerò a lavorare finché avrò compratori negli Stati Uniti
Loro sono i migliori, comprano 100 chili di cocaina come se fossero fiori
Los Tucanes de Tijuana, “Clave Privado” (Codice privato)
Dicono che i miei animali uccideranno le persone, ma nessuno è costretto ad affrontarli.
I miei animali sono feroci.
Se non sai combatterli, non affrontarli
Los Tucanes de Tijuana, “Mis tres animales” (I miei tre animali)
Ci sono anche - sebbene più rare - canzoni che parlano dei pericoli della droga, come “El dolor de un padre” (Il dolore di un padre) dei Los Tigres, in cui un padre racconta la morte del figlio per colpa della droga. L’ultima strofa dice:
Conosco persone che adesso sono trafficanti
Io ho perso un figlio ed è colpa vostra
Per favore non offendetevi per il dolore di un padre
Ci sono poi pezzi che parlano di come l’ingresso nel traffico di droga sia una conseguenza diretta dell’esclusione sociale. Nella loro canzone “El agricultor” (L’agricoltore) i Los Pumas del Norte cantano:
Poiché volevo soldi sono entrato nel traffico.
Non potevo sopravvivere alla povertà, le promesse mi disgustavano.
Morivo di fame perché ero onesto.
Come molti altri ho il diritto di vivere.
So che il lavoro è difficile e rischio di morire perché non rispetto la legge.
Da quando ho iniziato, lo sapevo, ma era l’unico modo di scappare dalla povertà.
Si parla anche della corruzione che purtroppo spesso vige tra le forze dell’ordine messicane e statunitensi. In “El càrtel del polvo” (Il cartello della cocaina), Marcos Puente canta:
Era un cartello influente
Perché sapeva condividere con le guardie e i giudici.
Nessuno poteva resistere.
È meglio essere ricchi che rischiare di morire.
Di esempi ce ne sono a decine se non centinaia, e malgrado le apparenze sarebbe anche molto sbagliato dire che tutti i narcocorridos sono apprezzati dai narcotrafficanti stessi: da Chalino Sànchez nel 1989 - che scrisse un narcocorrido su commissione non particolarmente apprezzato e venne ucciso - a Valentìn Elizalde, che nei primi anni 2000 scrisse diversi pezzi di apprezzamento a El Chapo Guzman e venne perciò ucciso dalla fazione rivale al suo cartello, gli Zetas, i casi di omicidi di autori di narcocorridos in relazione alla loro musica sono centinaia se non migliaia. Di fatto, nella guerra tra fazioni iniziata una decina d’anni fa, gli autori di narcocorridos sono diventati attori principali, e alcuni arrivano addirittura a dire che un narcos non è tale se non ha un corrido che canta di lui. Uccidere musicisti è diventato un modo per fazioni rivali di inviarsi messaggi. Commissionare narcocorridos “schierati” è diventato un modo per acquisire prestigio. Fare il cantante è diventato sempre più rischioso a meno di isolarsi completamente dal narcotraffico, cosa molto difficile in alcuni contesti, specialmente nel nord del paese.
Cosa fare con i narcocorridos?
Una domanda che probabilmente non ha risposta. Ufficialmente, le autorità messicane non tollerano narcocorridos di nessun tipo. Da anni ormai testi del genere sono bannati da diverse radio a televisioni e agli artisti è impedito di esibirsi dal vivo se cantano narcocorridos. Chi non rispetta il divieto deve pagare una multa che varia di stato in stato. Piuttosto emblematico è però il caso dello stato di Chihuahua, dove cantare narcocorridos è vietato dal 2011, e dove poiché nessuno rispettava il divieto, nel corso degli anni la multa è cresciuta prima da 5,000 a 20,000 dollari nel 2015, fino ad arrivare a 25,000 e 36 ore di carcere nel 2017. In altre parole, si tratta di quantità talmente ridotte per impedire a star nazionali di cantare canzoni con centinaia di milioni di ascolti sulle varie piattaforme di streaming che i cantanti se ne fregano.
C’è poi la questione del perché censurare. Gli stati giustificano il divieto sulla base della glorificazione dei criminali e della potenziale influenza sui bambini di testi così violenti. Gli artisti, però, la considerano una posizione ipocritica date le migliaia di serie e film che parlano di crimine che sono in circolazione e dato le decine di altri canali attraverso i quali i bambini entrano in contatto con il mondo dei narcos. Nel suo libro “Miss Narco. Belleza, poder y violencia” (Miss Narcos. Bellezza, potere e violenza) uscito nel 2009, il giornalista messicano Javier Valdez racconta bene l’effetto dei narcos sulla società messicana:
I narcos che pagano la polizia, che sono i clienti preferiti nei saloni di bellezza, negozi di telefoni cellulari, boutique di abbigliamento costoso, negozi di scarpe, e concessionari di automobili. Il business del narcotraffico è tutto. Il business del narcotraffico non è solo violenza, la polizia e l'esercito contro i criminali. Il business dei narcotrafficanti è onnipresente e onnipotente, come Dio. Il nostro Dio di questo e di ogni giorno: ogni vicino, officina di riparazione, membro della famiglia o amico, amante o collega di lavoro, qualcuno che condivide la strada, una cena compagno e il parrucchiere, è coinvolto: il narcotraffico è uno stile di vita [...] Senza il narcotraffico non esistono ristoranti, autolavaggi, casinò, tavoli, grandi centri commerciali, automobili Hummer o Saab, Lobo o Cheyenne o BMW camion.
Javier Valdez è stato poi ucciso dal cartello di Sinaloa nel 2017. Il suo racconto rimane. Come si fa a prendersela con i narcocorridos senza fare la figura di quelli che guardano il dito e non la luna? Come si fa a ignorare l’effetto che i narcotrafficanti hanno sulla società messicano con o senza i narcocorridos? Tuttavia, dall’altro lato, come si fanno a ignorare i tratti più violenti della loro musica, quelli che sfidano apertamente l’autorità dello Stato e legittimano comportamenti criminali?
La risposta probabilmente non esiste, ma porsi la domanda è sicuramente un primo passo significativo. Non so se in questa storia è la musica a raccontare la realtà o la realtà a raccontare la musica, ma so che in questo caso il confine tra le due cose, ammesso che esista, è particolarmente labile.
Ci sentiamo domenica prossima con un’altra storia di musica dal mondo. Buona settimana e a presto.
Ciao.